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Dimmi come discuti e ti dirò chi sei: relazioni e conflitti come specchio del proprio io

Giulia D'Innocenti

Come se ci avventurassimo nella più intricata delle foreste, ci armiamo di bussola e mappa per esplorare la tipologia più complessa di relazioni: il conflitto.

Per farlo abbiamo una guida d’eccezione, Massimo Dall’Olio, Psicologo, Formatore e Autore del libro “Imparare dai conflitti” (FrancoAngeli editore), oggetto della nostra intervista.

Questa spedizione nel mondo delle relazioni comincia dall’analisi di un elemento critico: la concezione di antagonismo.

Che peso ha la percezione del conflitto come antagonismo tra due persone nella ricerca di una soluzione?

In una relazione, è molto importante riuscire a combattere l’antagonismo, ovvero il motivo del conflitto e non l’”antagonista”, ovvero la persona; ma soprattutto comprendere che la percezione all’interno di una situazione conflittuale è sempre soggettiva.

Devono essere questi gli elementi di consapevolezza da cui partire. Perché molto spesso, quando ci troviamo a discutere con qualcuno, pensiamo di reagire emotivamente a eventi oggettivi, in realtà i nostri stati d’animo provengono dalla nostra libera interpretazione dei fatti che accadono intorno a noi e di cui
abbiamo fatto esperienza, anche remota.

Siamo quindi costantemente influenzati da percezioni, valori e credenze personali

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Proviamo ad immaginare che ognuno di noi, prima di uscire di casa, indossi degli occhiali che filtrano il mondo intorno. In genere, attraverso queste lenti, il conflitto appare come un disagio provocato dal nostro antagonista, quasi fosse un nemico.

Siamo abituati a una visione fortemente dualistica e oppositiva del conflitto, che presuppone la “sconfitta” di una delle due parti a fronte della “vittoria” dell’altra. Di conseguenza la situazione conflittuale si lega al concetto di antagonismo e di escalation di stati d’animo negativi.

Per gestire il conflitto in modo efficace potrebbe essere proprio metterne in discussione il concetto stesso; spostando il focus dalla persona in disaccordo con noi, verso la situazione che stiamo vivendo, in un’ottica di cooperazione.

Spesso c’è invece una sorta di ritualità cieca e conflittuale che non dà spazio alla giusta dose di razionalità che potrebbe permetterci di valutare come stiamo gestendo l’approccio all’altro e soprattutto quanto ci stiamo effettivamente avvicinando ai risultati che vorremmo raggiungere.

Invece potrebbe essere molto più utile riuscire a comprendere i nostri punti di vista e il significato che diamo agli eventi che ci coinvolgono. Perché in ogni relazione conflittuale si scontrano due narrazioni e visioni differenti che non riusciranno mai ad incontrarsi se la situazione non viene gestita in modo efficace e non viene ad aprirsi un canale di comunicazione.

Non in ultimo, bisogna diventare consci anche della nostra responsabilità all’interno del conflitto per non riconoscere responsabilità e colpevolezza esclusivamente a chi abbiamo di fronte.

Anche la scelta delle parole da utilizzare ha un peso davvero molto importante, al pari della consapevolezza…

Queste due dimensioni sono compresenti nel conflitto e spesso facciamo l’errore di volerle gestire contemporaneamente, quando invece sarebbe più funzionale comprendere in prima battuta il nostro vissuto e raggiungere una maggiore consapevolezza dei nostri stati d’animo.

Solo in un secondo momento dovremmo relazionarci con gli altri, trovando il modo migliore per condividere e comunicare gli elementi che stanno generando conflittualità e cercare insieme una visione alternativa della situazione che possa essere condivisibile. 

Se al contrario cerchiamo di gestire la nostra emotività mentre ci relazioniamo all’altro, non faremo altro che allontanarci dalla soluzione.

E il nostro ego? Che ruolo ha nelle nostre relazioni e in un momento conflittuale? 

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L’ego diventa un ostacolo alla risoluzione dei conflitti quando ci identifichiamo con esso e quindi leggiamo le affermazioni neutrali degli altri come accuse personali.

Potremmo definirlo come un sistema di pensiero, una sorta di voce interiore, molto preoccupato della nostra immagine, in continua ricerca di riconoscimento e gratificazione, talvolta impegnato nel sopraffare l’altro o nell’impersonificare un vittimismo che sottolinei un torto subito.

Una sua prerogativa è il rimuginare e l’alimentare un cumulo di pensieri disfunzionali che non aiutano a risolvere i conflitti, piuttosto ne agevolano il prolungamento temporale supportando la visione di antagonismo.

Per attivare modi diversi di vivere il momento conflittuale di una relazione, bisogna entrare in meccanismi efficaci di pensiero, prendendo consapevolezza di quanto l’ego possa danneggiarci.

Anche se viviamo in una società fortemente egoica, che elogia forme di successo altamente individualistiche, dobbiamo cercare di mettere in secondo piano l’importanza del prevalere sull’altro.

Quindi dove possiamo cercare ispirazione per considerare il conflitto sotto una nuova luce?

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Spesso trovare un’alternativa alla conflittualità è complesso, perché siamo portati a seguire l’abitudine e le risposte comportamentali che sono per noi più naturali.

Il file rouge è sempre lo stesso: pensare bene per comunicare bene. Ovvero consolidare la consapevolezza delle nostre “disfunzionalità” relazionali per gestire al meglio le situazioni di divergenza.

Per trovare spunti utili possiamo attingere non solo al mondo della psicologia per un supporto teorico, ma anche a quello della letteratura per ampliare creativamente il nostro punto di vista.

Giulia D'Innocenti

Content Creator

Il mio percorso professionale mi ha portato a spaziare dalla psicologia all’ambito della comunicazione e del marketing, passando per il mondo delle risorse umane, specialmente nei settori del recruiting e dell’employer branding. Sono appassionata del mondo digitale e di tutte le sue applicazioni, soprattutto le più innovative. Mi occupo della creazione di contenuti per la comunicazione social e di copywriting per contenuti di blog.

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