Questa, per me, è la sostenibilità. È agire con nuovi paradigmi per misurare il successo.
E il paradigma più potente è quello della Reciprocità: vuol dire credere e operare per una prosperità equa e condivisa con tutti gli altri esseri umani e in armonia con la natura, entro i limiti fisici e biologici dell’unico pianeta che siamo in grado di abitare: la Terra. La sostenibilità è sociale, è culturale, è economica, è ecologica. È pluralità di attori economici che agiscono per il bene comune. La sostenibilità è connettere, non disgiungere. È Reciprocità. Con la R maiuscola.
La sostenibilità nei luoghi di lavoro
Nella mia vita da consulente di direzione, la sostenibilità l’ho sempre promossa nei comportamenti di management e di gestione delle persone. Sono questi in fin dei conti che creano la cultura delle aziende e definiscono l’esperienza quotidiana delle persone che le abitano. In quei comportamenti si sono sempre annidati e purtroppo ancora si annidano grandi squilibri che sono alla base dei più macroscopici squilibri a livello politico e sociale.
In che senso Sostenibilità e comportamenti manageriali?
Pensa alla purtroppo diffusa pratica di buttare a mare tutto quello fatto dal predecessore e ricominciare da capo. Sostenibile? Non direi. Genera solo affaticamento organizzativo, disorientamento strategico, perdita di senso professionale, demotivazione personale. E tutto ciò per non riuscire a partire da “quello che c’è”, riconoscendo un’ esperienza, una decisione, una pratica già presente, che funziona e sulla quale si può costruire.
Pensa a quanto la gestione delle persone sia ancora legata a formule standard, a stereotipi e pregiudizi, a discriminazioni. Talvolta a incapacità o mancanza di voglia nel riconoscere il reale potenziale e contributo di chi opera nei contesti organizzativi. Una gestione che alimenta disuguaglianze, disperde valore, crea demotivazione. Sostenibile? Non più, orami da tempo.
La Sostenibilità agita nella pratica manageriale attiva etica, coerenza, rispetto. Significa modelli di leadership ispirati da trasparenza. Facilita lo sguardo attento sul contesto e sull’impatto dei comportamenti.
E quindi, diffusa nelle organizzazioni, genera comportamenti, abitudini, routine – riflessi condizionati quasi – che poi ognuno porta anche fuori dall’azienda e che diventano modi di essere nella società, modi di costruire la società.
Dunque, un circolo virtuoso che esporta la Sostenibilità comportamentale dal business al sociale in modo singolo, personale.
Oggi però è arrivato il tempo di spingersi oltre, fare quel passo in più, agire sulla Sostenibilità di “sistema”, capace di cambiare le dinamiche di relazione tra gli attori che generano valore nella nostra società, creare l’ecosistema virtuoso e collaborativo di cui scrivo sopra. Far incontrare Business e Società civile.
Era già chiaro prima del COVID ma questo periodo di stravolgimenti così potenti nel tessuto produttivo, sociale, personale, lo ha messo a fuoco. Il successo di business sarà sempre più connotato dalla capacità che un’azienda ha di integrarsi con il contesto territoriale, di misurare il proprio successo attraverso l’impatto positivo che riesce ad avere sul territorio e verso tutti gli stakeholder. Non solo gli azionisti ma anche, appunto, le persone, l’ambiente, la società civile.
E’ fondamentale ora promuovere la creazione di un ecosistema collaborativo tra aziende e organizzazioni sociali. Promuovere un dialogo che generi sostenibilità, facilitare l’incontro e lo scambio di purpose e buone pratiche che fa crescere tutti, aumentando la generazione di valore sociale. E’ la Reciprocità in azione.
Un sistema economico che prospera guidato da una ricerca di senso credibile, che vuole avere impatto positivo sul contesto, migliorandolo.
Le aziende hanno bisogno di dialogare con la società civile organizzata, di aumentare la capacità di lettura dei bisogni della comunità e la volontà di rispondere ai bisogni di tutti i portatori di interesse. Lo richiedono le persone che dentro le aziende abitano, prima di tutto. Lo richiedono i consumatori, attivati da nuove consapevolezze.
Il settore non profit, nondimeno, ha bisogno di credere nel proprio purpose, di dargli una direzione strategica, di dialogare e confrontarsi alla pari con il mondo del business. Ha bisogno di sfide e di cultura manageriale.
Valori, Azioni concrete, sostenibilità agita. Partnership e sinergie affinché, più che mai nello scenario post-pandemia, persone, imprese, comunità possano unire risorse e intenti in una visione di sviluppo sostenibile. Giocare un ruolo innovativo, trovare soluzioni creative per prosperare in una società guidata dalla parola sviluppo, e non solo dalla parola crescita. Sviluppo, infatti, significa integrare la dimensione culturale e relazionale a quella economica, in un effetto moltiplicatore. E se manca uno dei fattori, il risultato si azzera.
Per un nuovo alfabeto del successo, quello della Sostenibilità con la R maiuscola.