In questi mesi ogni realtà lavorativa ha dovuto cercare soluzioni e strade alternative per fronteggiare l’emergenza. Questa necessità non sembra essersi ancora placata e c’è ancora bisogno di approcci e modalità innovativi. Ma quanto è difficile cambiare per le aziende?
Verso un nuovo concetto di cambiamento
Per le aziende è difficile cambiare assetto finché non viene assimilata una visione attuale del cambiamento organizzativo.
Siamo sicuri di poter ancora definire il cambiamento come il passaggio da una “condizione A” ad una “condizione B”?
I mesi più recenti hanno messo in evidenza come il tempo sia veloce a scorrere e il contesto ancora di più a mutare. E’ più realistico quindi descrivere il cambiamento organizzativo come un continuo mutamento.
O meglio, è a questo concetto che le aziende, di ogni tipologia e dimensione, dovrebbero avvicinarsi per non rimanere indietro.
Il motivo per cui, per alcune realtà, ancora è difficile cambiare e stare al passo con i tempi è un focus sbagliato.
Non si può cambiare per rincorrere una stabilità apparente che in meno di un mese potrebbe essere già superata. Se invece si utilizza il fattore “people” come spinta del cambiamento, aumenta la possibilità di trovare nuove risposte efficaci in breve tempo.
Organizzare il cambiamento vuol dire rendere le risorse capaci di reinventarsi, pronte ad uscire dalla confort zone e “allenate al rischio”. Questo è il tipo di approccio che permette anche di anticipare i nuovi trend.
Ovviamente un passaggio come questo presuppone un accurato lavoro sulla cultura aziendale, che non può non vedere al centro la funzione HR. Questa deve infatti lavorare affinché gli elementi interni più inefficaci vengano scardinati per potersi meglio adattare al contesto esterno in continuo mutamento.
Conciliare produttività e benessere
Il raggiungimento del benessere lavorativo, inteso come work-life balance, è basato anche e soprattutto su elementi soggettivi.
Basilarmente ciò che può rappresentare il perfetto equilibrio tra vita e lavoro per una persona, potrebbe non esserlo per un’altra.
Per le organizzazioni è difficile cambiare non solo perché ci si muove verso “l’ignoto”, ma perché si tratta di un processo complesso che deve supportare svariate dimensioni. Produttività, benessere lavorativo, competizione sul mercato e valorizzazione delle persone sono alcuni esempi.
Proprio quest’ultimo elemento è di fondamentale importanza per strutturare un cambiamento che possa garantire un adeguato benessere lavorativo.
In una realtà in cui le risorse sono responsabilizzate e avvertono un alto grado di fiducia, è più facile che queste riescano a trovare la ricetta personale per il proprio work-life balance.
Come realizzare tutto questo? Sostituendo l’esercizio del comando con la fiducia verso i propri collaboratori e istituendo un mind-set che dia la possibilità di scelta.
Non prima però di aver lavorato e costruito, come già detto, una sana e solida cultura aziendale.
Cosa non può essere lasciato indietro?
Quando si parla di cambiamento organizzativo ci sono due elementi da non trascurare.
Scenario n.1 L’azienda X decide di promuovere una maggiore libertà riguardo all’orario e al luogo di lavoro. Può sembrare un alleggerimento da alcuni vincoli, ma non è da escludere che alcune risorse possano viverlo come la perdita di punti di riferimento fondamentali.
Questa è una delle motivazioni più diffuse di un approccio restio al cambiamento. Perciò è consigliabile accompagnare le risorse nel cambiamento con il dialogo e la condivisione.
Scenario n.2 L’azienda Y fronteggia la pandemia con il remote working ma si relaziona con popolazioni aziendali differenti, tra le quali non tutte hanno la possibilità di lavorare da remoto, per la tipologia di mansioni svolte.
Aziende con popolazioni eterogenee hanno bisogno di gestioni differenziate: non tutti i dipendenti avranno la possibilità di usufruire dello smart working al termine della pandemia.
La necessità è quindi quella di istituire dialoghi differenti e organizzare il cambiamento aziendale in base alle necessità dei diversi settori.