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La comunicazione: Ieri, Oggi e Domani

Micol D'Andrea

Caro Doer,

E’ sempre così. Prima di creare, devo camminare. Cuffie, musica rock nelle orecchie e scarpe comode. Di solito l’itinerario è lo stesso, ma chissà perché a me basta. Poi mi fermo. Arrivo davanti al mio laghetto e mi lascio trasportare dalla lettura. Mi rigenera, mi aiuta a dare ordine a tutte le idee. Le metto in fila e do’ loro sostanza.

Questo è quello che ho fatto prima di restituirti le mie riflessioni sull’evento del 6 maggio dedicato alla comunicazione d’impresa. Un evento organizzato in collaborazione con L’ Eco della Stampa, in cui mi sono cimentata anche io con uno speech. Prenditi il tuo tempo e buona lettura.

Dimmi che un sogno non è

Mi piace iniziare con qualcosa che è sempre lontano da questo mondo. Oggi voglio iniziare con una riflessione di una grande scrittrice francese, a me molto cara, come Marguerite Yourcenar.

“Nel sonno una cosa ci rassicura, ed è il fatto di uscirne, e di uscirne immutati, dato che una proibizione bizzarra c’impedisce di riportare con noi il residuo esatto dei nostri sogni. “
Marguerite Yourcenar, Memorie di Adriano

Pensavamo fosse un sogno questa pandemia. Meglio un incubo. E forse come dice la Yourcenar, in quell’ #andràtuttobene, che è stato uno slogan per tanti mesi del 2020, c’era un po’ questa, malcelata, speranza. Di uscirne, immutati. Di poter tornare alle nostre vecchie vite. Ma la vera sfida che ci offre la realtà è proprio questa.

Quella di non trasformare le nostre vite in un sogno, o meglio un sonno anestetizzante. Dove domani ci siamo dimenticati quello che è successo. Chi eravamo e chi siamo diventati. Ma soprattutto cosa vogliamo per il nostro futuro.

Comunicare è accogliere una grande sfida

Così occupandoci di comunicazione, abbiamo accolto l’invito dei colleghi di L’Eco della Stampa di leggere un triennio 2020, 2021 e 2021.

Una sorta di IERI, OGGI, DOMANI, citando il film di De de Sica del 1964.

Abbiamo portato al tavolo 14 brand. O meglio 14 aziende. 14 ecosistemi di stakeholder che si sono trovati ad affrontare quello che Giuseppe Mazza ha definito «L’evento di comunicazione (finora) più gigantesco della storia umana».

Ci hanno raccontato il loro punto di vista. Ma soprattutto ci hanno ricordato, con i loro interventi il significato della parola comunicazione. Comunicazione deriva dalla parola latina ???????????, mettere in comune, composto di cum insieme e munis ufficio, incarico, dovere, funzione.

La comunicazione è un atto sociale

La comunicazione è un’espressione sociale prima ancora che identitaria. Trova un senso nella relazione, ma soprattutto nella sua chiarezza e correttezza. In quel compiere il dovere. Quello per cui è nata. Quello per cui è chiamata. Altrimenti esistono altre parole come: propaganda, disinformazione, mistificazione, distorsione.
La comunicazione è un collettivo plurale, che trova la sua significazione nelle parole chiave che ci hanno regalato i relatori dell’evento. #trasparenza, #concretezza, #coesione, #consapevolezza, #servizio, #opportunità, #trasformazione, #coraggio, #impatto, #cambiamento, #autenticità.

Comunicare è agire

In questo c’è un concetto a noi di Rinascita Digitale molto caro: quello di DOERSStefano Saladino ha introdotto l’evento, parlando di #azione per il 2021 e forse non è un caso. L’impegno del fare. La comunicazione, se fatta bene, è fare. Quasi un controsenso. Quando uno dice: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, forse dovremmo spiegare che quella parola dire, non è comunicazione. Dico, solo se lo sto facendo.

Arrivo, quindi, al cuore di questa riflessione che ci hanno proposto i relatori.

Un cambio di paradigma

Questo cambiamento di paradigma potremmo definirlo un’innovazione di significato. Chi conosce la rubrica che conduco insieme a Stefano, sa che è uno dei nostri cavalli di battaglia. In un certo senso, l’innovazione della comunicazione passa dal dire al fare. La comunicazione è fare. O meglio fare quello che si dice. L’innovazione nella comunicazione in sintesi non significa solo e limitatamente cercare nuove piattaforme dove comunicare, ma cosa e soprattutto perché comunicarlo. Il cuore dell’innovazione di significato.

Un fare di contenuto

In questo concetto di fare ho segnato 3 grandi direttrici. Il primo è un fare di contenuto.

Francesca Scollo (Fondazione Poliambulanza), Marco Ferrazzoli (CNR), Orazio Ragusa (Azione contro la fame). Tutti e tre ci hanno ricordato come la professione del comunicatore deve prendere sul serio la “provocazione” che il Covid ci ha sbattuto in faccia.

Un fare di processo e di prodotto

Eco della Stampa (con i colleghi Federica Marini e Giuseppe Marsala Pietro BigliaClaudio Urciuolo (Italgas) Chiara Gabriele (Ikea), Marco Gallicani (Banca Etica) che ci hanno raccontato che più che fare una campagna, l’obiettivo è stato concentrarsi su un prodotto o una soluzione che potesse risolvere un’esigenza del momento. In questo caso, le aziende hanno sostituito all’incapacità di capire che non era il momento di messaggi astratti e retorici, interventi d’aiuto, concreti per le difficoltà quotidiane di persone a disagio perché si trovano ad affrontare una situazione nuova e problematica.

Un fare di funzione aziendale

Michele Laterza (Mutti), Alessandro Bizzotto (Conai), Guglielmo Lorenzo (Fondazione Telethon) e Simonetta Cartaregia (Università degli studi di Genova).

Risposte veloci, sinergie e lungimiranza. La comunicazione è un atto immediato, sì, ma impone una visione. Una capacità di leggere oltre il presente, ma partendo dal presente. Questo non è un output aziendale. Fa parte di un processo di significazione dell’azienda. Cambia le condizioni. Può cambiare il paradigma e l’azienda in quanto entità nella collettività deve necessariamente cambiare.

Una riflessione sul "Made in Italy"

Il concetto di Made in Italy nella comunicazione. Che guarda caso è molto legato al concetto di fare. Parlare di Made in Italy vuol dire fare. Fare in Italia. Operare sul territorio e per il territorio. Quello che faremo ora sarà il nostro futuro. Quello che noi diremo ora, nel concetto che abbiamo condiviso in questo intervento, non è solo il nostro presente, ma anche il nostro futuro.

Non il nostro personale di comunicatori, ma quello del nostro Paese.

Micol D'Andrea

Brand Strategist

DOER’S SKILL
Il mindset, applicato a se stessa e al suo lavoro. Un mix potente di visione e sistematizzazione: dei processi, dei prodotti, delle soluzioni. Lavora sempre nei territori di unione tra diverse discipline perché nel confronto che le idee si concretizzano.
SEGNI PARTICOLARI
L’identità come mantra al punto che ha ideato sul tema la metodologia delle Branding Crazy Wall per il personal e professional branding. Il lavoro come passione. La ricerca come scelta. E poi la prospettiva dell’economia comportamentale per il contributo che può portare all’individuo e alla collettività. Su RD parla di innovazione con un focus nel rapporto con le emozioni.
MISSIONE
Sdoganare il binomio innovazione – tecnologia, per avvicinare chiunque al mindset dell’innovatore e portarla nella vita delle persone. Per conoscerla, agirla e controllarla consapevolmente.

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