Trend sociali

Il futuro del teatro: fra conservazione e rivoluzione

Anna Maria Bagnasco

Uscire, svagarsi, andare al ristorante. Passeggiare tra le opere di un museo, andare a teatro o al cinema. Tutte azioni che sembrano lontane anni luce, da quando la nostra vita sociale si è ridotta drasticamente a causa delle misure cautelative dovute alla pandemia.

Gli unici luoghi che abbiamo frequentato senza interruzioni sono stati i supermercati, perchè considerati “essenziali”, a differenza proprio dei teatri. Ma siamo sicuri che la cultura e i suoi luoghi non sono fondamentali per la nostra vita?

Il ruolo del teatro nella società

Nino Campisi, Direttore Artistico del Teatro del Navile – Spazio Arte di Bologna, ci aiutata a capire meglio la situazione attuale del settore teatrale e culturale italiano, spiegandoci innanzitutto la capacità evocativa di questo termine.

La parola teatro ci conduce immediatamente alla famosa tragedia greca, oppure al celebre Shakespeare, o ancora all’italiano Luigi Pirandello. Se vediamo però il teatro in una forma più ampia, che comprende anche cerimoniali religiosi e balli tribali, può essere considerato come espressione sociale e culturale di emozioni, valori, civiltà, collettività.

Comunicazione, educazione e interazione

Il teatro, come pensato proprio dallo stesso Nino Campisi, svolge anche un ruolo formativo. I giovani che si avvicinano al mondo della musica, dell’arte, della scrittura e della performance, hanno bisogno di costruirsi un proprio pubblico.

Sono le piccole associazioni culturali, inserite nel territorio, che si prendono carico di questa formazione e fanno da ponte con il mondo reale. In questo modo, il teatro diventa canale di comunicazione favorendo l’interazione tra gruppi sociali eterogenei che prima non si conoscevano.

Il riconoscimento di un mondo sommerso

Oggi la pandemia ha accelerato una crisi già in atto nel mondo teatrale, artistico e culturale, dovuta soprattutto al mancato riconoscimento da parte delle istituzioni di tutta quella parte non visibile di lavoratori precari e “intermittenti” che mettono in moto l’intera macchina scenica senza avere, però, alcun tipo di legittimazione a livello pensionistico e assistenziale.

Ecco, forse, possiamo dire che la pandemia è stata una lampadina che ha illuminato questo mondo sommerso e ha posto l’attenzione sulla necessità di mappare le piccole e medie associazioni e dare loro un piano di protezione sociale.

Il teatro ha bisogno di investimenti

Da sempre il teatro necessita di investimenti da parte di enti locali e nazionali, fondazioni o aziende private per la distribuzione delle opere. I soli introiti derivanti dalla vendita dei biglietti non coprono le spese di produzione. Ora più che mai c’è il dovere di evidenziare tutti questi aspetti troppo spesso ignorati dalla comunità.

Gruppi come l’ATIP, Associazione Teatri Italiani Privati, sono nati per dar voce al profondo stato di crisi che sta investendo lo spettacolo dal vivo e per chiedere alle istituzioni un piano concreto e attuabile di aiuto. Molte organizzazioni teatrali hanno continuato a lavorare, nonostante le chiusure forzate, affrontando numerose sfide e concependo nuovi progetti vicini al contesto digitale e questo dimostra la determinazione e l’impegno che vive nelle persone occupate in questo settore.

Lo spettacolo dal vivo può rinascere nel digitale?

Siamo abituati a pensare al mondo digitale come la soluzione a tutto.  Ma nel caso dello spettacolo dal vivo? Emergono molti dubbi e riflessioni, perché il digitale difficilmente potrebbe riprodurre le suggestioni di uno spettacolo in presenza.

La ritualità di recarsi in un luogo preciso e studiato intorno all’esibizione, la concentrazione portata ai massimi livelli tramite l’uso sapiente della luce e del suono, il legame biunivoco tra attori e pubblico, sono tutte componenti che il digitale non può replicare.

Guardare uno spettacolo attraverso uno schermo, restando a casa seduti sul proprio divano, pone molti limiti all’attenzione del pubblico e crea una forma di rottura e di distacco difficile da compensare.

L’esibizione in sé, anche se molto importante, è solo un frammento dell’esperienza che coinvolge lo spettatore quando si reca a teatro, lo spazio per eccellenza del contatto, del confronto sociale, della spontaneità e dell’effimero.

Cosa accadrà in futuro?

Il quadro generale che si apre intorno al settore artistico, culturale, teatrale rivela una grande complessità, fatta non solo di produzioni che generano consumo e profitto, ma anche di piccole realtà diffuse sul territorio attraverso le quali poter formare, connettere, relazionare, costruire sinergie uniche.

Ci troviamo di fronte a un momento unico che porterà a grandi cambiamenti. Il teatro deve pensare a come ripartire, probabilmente irrompendo nel mondo reale, nei luoghi della vita quotidiana e talvolta accettando delle contaminazioni provenienti dall’esterno. Alla fine di questa breve analisi scaturisce d’istinto una domanda: possiamo davvero considerare il teatro un bene “non essenziale”?

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