Martina Cogliati
Content Creator
Content creator, appassionata di libri di crescita personale, scrittura creativa e yoga. Il digitale è la mia nuova sfida. Amo filosofare di tutto ciò che mi circonda, possibilmente davanti al mare.
Martina Cogliati
l mondo non è o tutto bianco o tutto nero. Tra i due opposti esistono delle sfumature chiamate colori.
La difficoltà sta proprio nel saperle cogliere e scegliere di viverle. Si tratta di una filosofia o approccio rivoluzionario alla realtà che produce innovazione.
È lo stesso sguardo che dovremmo adottare quando parliamo d’intelligenza e del rapporto tra uomini e macchine.
Lo stesso che promuove Gianna Martinengo, Fondatrice e Presidente di Didael KTS, per rispondere alla domanda: di quale intelligenza abbiamo bisogno?
Questo articolo è una riflessione sviluppata in modo dialettico sul tema dell’intelligenza, con un focus particolare sull’intelligenza naturale o umana, alla base di qualsiasi innovazione.
Prima d’indagare il tema dell’intelligenza, inquadriamo il concetto di innovazione.
Secondo Gianna Martinengo, l’innovazione richiede resistenza e resilienza. Questo perché innovare significa procedere per tentativi ed errori in una modalità circolare, a spirale, in cui chi crea e chi utilizza prodotti o servizi interagisce costantemente.
L’innovazione non è quindi “Una tantum”, ma richiede costanza, ricerca e sperimentazione continua. A ciò si affianca il concetto di interazione uomo-uomo e uomo-macchina. In altri termini tra intelligenza naturale e intelligenza artificiale.
L’innovazione è indispensabile per competere a livello nazionale, per non diventare semplici venditori di prodotti e servizi altrui
Pare ovvio ma non scontato che per programmare una macchina serve sempre il cervello di una persona. Ma andiamo oltre. Le persone che innovano devono saper valorizzare al meglio le caratteristiche dell’intelligenza naturale per progettare macchine sempre più all’avanguardia.
Quali sono allora queste caratteristiche e su quali fare principalmente leva per innovare?
Le persone possiedono:
Intuizione, creatività e competenze relazionali rientrano in quelle che oggi chiamiamo competenze trasversali che racchiudono le più importanti soft skills di ogni individuo.
E gli automi? Che intelligenza hanno?
Il plus principale degli automi è quello di sapere gestire e rielaborare una quantità immensa di dati che aiutano le persone a risolvere in breve tempo un problema o ad affrontare un certo ambiente o compito.
Essi tuttavia sono privi di emotività e ragionamento che li aiuterebbe invece ad andare oltre i cosiddetti bias su cui sono spesso programmati.
Le macchine inoltre operano per pattern, cioè per istruzioni ben definite e precise, per schemi rigidi e non per pensiero laterale.
Le macchine hanno bisogno dell’intelligenza umana che li progetta per esistere. La stessa intelligenza così ampia e creativa che però per assurdo non è ancora in grado di riprodursi fedelmente attraverso la tecnologia.
Torniamo all’intelligenza naturale. L’intelligenza umana si declina in una serie di competenze.
Gli studiosi della formazione e le HR puntano l’attenzione su quelle definite trasversali. Esse si apprendono in modo formale e informale e fanno riferimento non solo ai contesti lavorativi, ma anche individuali e sociali. Nello specifico:
E’ proprio su quest’ultimo punto che si risolve il gap creato dall’opposizione tra intelligenza umana e intelligenza artificiale.
Per fare innovazione è necessario stabilire un rapporto di co-adaptation tra umani e automi. Un adattamento reciproco che si basa sul dialogo e l’interazione. Niente va a sostituire nessuno, proprio per caratteristiche diverse delle due intelligenze.
Se macchine e uomini riuscissero a coesistere si produrrebbero nuove idee, nuovi servizi e nuovi prodotti di grande innovazione.
Content creator, appassionata di libri di crescita personale, scrittura creativa e yoga. Il digitale è la mia nuova sfida. Amo filosofare di tutto ciò che mi circonda, possibilmente davanti al mare.