Risorse Umane

L’intelligenza emotiva: una competenza da allenare

Daniela Gioia

Il Rapporto “Jobs of the Future 2020” del World Economic Forum elenca l’intelligenza emotiva come una delle 10 soft skills più strategiche per affrontare il mondo del lavoro. Le competenze trasversali (o soft skills), a differenza di quelle tecniche (hard skills) sono quell’insieme di abilità comunicative e relazionali non specifiche di una particolare mansione, ma che proprio per questo sono maggiormente adattabili a qualsiasi compito o professione. In un contesto in cui la formazione è sempre più a portata di tutti e gli sviluppi dell’intelligenza artificiale mirano a rendere i robot più bravi degli stessi esseri umani nello svolgimento di alcuni compiti, saranno proprio queste competenze più orientate al “come fare” che al “cosa fare” a permetterci di apportare valore e fare la differenza.

Le skill di intelligenza emotiva sono due volte più importanti di quelle tecniche o del QI.

Daniel Goleman

Tuttavia, non solo nella sfera professionale, ma anche in quella personale l’intelligenza emotiva può aiutare a far nascere qualcosa di buono da una situazione di grande incertezza e complessità. In tempi come quelli che stiamo vivendo, in cui gli imprevisti e i cambiamenti sono all’ordine del giorno, la nostra capacità di gestire le emozioni è messa a dura prova. L’incertezza crea ansia e paura per il futuro. Siamo abituati a progettare il futuro e in questo momento non riusciamo a farlo. Viviamo l’imprevedibilità come una situazione di rischio. Il rischio fa scoprire i nostri limiti e timori ma può far emergere anche nuove possibilità e potenzialità.

L’emozione, dal latino emovère (ex = fuori + movere = muovere) significa letteralmente “portare fuori”, “smuovere”. L’emozione è dunque un moto interiore, che smuove qualcosa da dentro di noi portandola verso l’esterno e che ci spinge a compiere un’azione. Ogni emozione ha dunque una funzione e ci porta a fare qualcosa.

Nel corso di decenni di ricerche sono state individuate 5 emozioni-base:

  1. Gioia
  2. Tristezza
  3. Paura
  4. Rabbia
  5. Disgusto

Tutte le emozioni sono utili e funzionali, anche quelle più scomode. Siamo abituati a classificare le nostre emozioni in termini assolutistici come “buone” o “cattive”. In realtà anche le emozioni che possono sembrarci negative ci servono. La paura, per esempio, ci segnala che c’è un problema da affrontare e ci aiuta a preparaci a difenderci. La tristezza serve a elaborare gli eventi negativi, a recuperare le energie in modo da poter ripartire. Il disgusto aiuta ad evitare tutto ciò che può essere dannoso per noi. La stessa rabbia è la spinta interiore che ci dà lo stimolo per superare un ostacolo. Eliminare le emozioni sarebbe dunque sbagliato. Il problema non sono le emozioni, ma il loro eccesso e il saperle gestirle come ci ha spiegato Alfio Romenici nel suo intervento.

Il rischio da evitare è che un’emozione diventi prevalente e si crei una situazione di “sequestro emotivo”, in cui la parte emotiva del nostro cervello prende il sopravvento e non fa intervenire quella razionale, che ci avrebbe fatto agire in maniera diversa. A questo punto non siamo più in grado di ragionare.

Il pericolo di “dirottamento o sequestro emotivo” ci è stato illustrato da Massimo Perciavalle.

Dobbiamo quindi evitare che l’emozione “ci sequestri” e prenda il sopravvento su di noi. Ma come? Ci viene in aiuto l’intelligenza emotiva, che può e deve essere allenata per tutta la vita. L’intelligenza emotiva è la capacità di riconoscere, comprendere, utilizzare costruttivamente e gestire positivamente le emozioni proprie e altrui, per instaurare relazioni positive con gli altri. Non possiamo quindi fare a meno di provare le emozioni ma possiamo lavorare sul loro impatto su di noi.

Gestire le emozioni non vuol dire reprimerle. Il primo passo per poterle gestire è saperle accettare, anche quelle riprovevoli, perché fanno tutte parti di noi; saperle riconoscere anche dai segnali del nostro corpo (espressioni facciali, tono della voce, la gestualità, aumento del ritmo cardiaco o della sudorazione, ecc..), comprenderne le cause e quale messaggio ci stanno inviando allo scopo di trasformarle in nostre alleate. Ma come possiamo trasformare una forza distruttiva in una spinta costruttiva? Stefania Mussi ci ha suggerito una delle possibili tecniche di gestione delle emozioni.

Ogni emozione ha una causa scatenante o evento e porta come risultato una rispostaQuesto evento si verifica in un contesto (pre-condizione) e gli associamo a livello immaginativo un insieme di percezioni e ricordi (database percettivo).  Le aree di intervento su cui possiamo lavorare sono due:

  1. la nostra interpretazione dell’emozione. Ad ogni emozione associamo un sentimento. Possiamo agire su come “sentiamo” un’emozione dentro di noi, cercando di vedere il lato positivo di ogni situazione e che possibilità offre. La domanda da farsi sempre è: What’s good about it?

La nostra reazione all’emozione. Tendiamo a fare agli altri quello che gli altri fanno a noi. Questo produce spesso delle risposte distruttive. Invece, dobbiamo allenarci a dare delle risposte costruttive usando la tecnica del presupposto positivo che consiste nel partire dall’idea che l’altra persona sia ben disposta nei nostri confronti e cercare di trovare del buono nel punto di vista dell’altro piuttosto che condannarlo a priori.

In conclusione, perché è utile allenare l’intelligenza emotiva? Per gestire meglio i problemi e le situazioni di crisi nella nostra vita personale e professionale, prendere decisioni ottimali, relazionarsi meglio con gli altri e vivere più sereni e soddisfatti.

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