Oggi, i giovani si sentono sempre più privati di opportunità; molto spesso, non vengono neanche presi in considerazione perché giudicati “inesperti” – nel lavoro così come nella vita. L’era digitale, tuttavia, continua a mostrarci l’enorme potenziale della fascia giovanile, la cui elasticità mentale ed inventività sono spesso disarmanti.
Alla stessa maniera, il pregiudizio nei confronti degli anziani tende ad escluderli quasi categoricamente da tutto ciò che è nuovo o rivoluzionario.
Nell’accettare un tale preconcetto mentale, non ci accorgiamo di come sia l’unione degli uni e degli altri, ovvero delle due categorie – la velocità e l’intraprendenza dei giovani insieme all’esperienza e alla capacità di ragionamento dei “più vecchi” –, ad avanzare il processo evolutivo dell’uomo.
Ma torniamo agli anziani. Se è vero che rispetto al colore della pelle, al sesso e all’appartenenza culturale, l’età riguarda tutti noi, nessuno escluso, è però vero che i più colpiti da questa discriminazione sono comunque gli anziani.
E lo sono in modo paradossale in una società demograficamente vecchia e morente, ma che, nel macro mondo occidentale, esalta, il mito della giovinezza, della velocità e della performance.