Martina Cogliati
Content Creator
Content creator, appassionata di libri di crescita personale, scrittura creativa e yoga. Il digitale è la mia nuova sfida. Amo filosofare di tutto ciò che mi circonda, possibilmente davanti al mare.
Martina Cogliati
Torniamo a parlare di generazioni e dei gap generazionali che diventano sempre più evidenti, quando si considerano le nuove tecnologie e i loro linguaggi, ma soprattutto la velocità con cui essi evolvono. In questa chiacchierata con Enrico Piacentini, digital innovation manager, andiamo a guardare più da vicino le dinamiche che tendono a dividere le generazioni di Boomer e Zoomer.
“Il punto d’ incontro si costruisce quando io Boomer mi metto in discussione e comprendo l’abbondanza insita nel digitale”
Gli Zommer, o Generazione Z, sono i giovani nati dopo il 1995, cioè coloro che vengono definiti “Nativi Digitali”, sono nati con i nuovi strumenti digitali che quindi per loro non rappresentano una novità. A guardare le trasformazioni tecnologiche con uno sguardo a metà tra l’incuriosito e l’impaurito, sono invece i Boomer, chiamati “Immigrati”o “Tardivi digitali” che con le nuove tecnologie hanno di fatto un rapporto ambiguo, allo stesso tempo di attrazione e repulsione. Boomer e Zommer sembrano quindi trovarsi agli antipodi, con una visione quasi incompatibile della realtà. Come fare per ridurre questo gap?
Enrico Piacentini ci fa notare che i Boomer sono la prima generazione che può di fatto imparare dai figli, soprattutto in materia di nuove tecnologie e social network. Per imparare è però necessario mettersi in discussione, avere la volontà e l’apertura mentale, per utilizzare l’ascolto e la comprensione come strumenti comunicativi. I Boomer dovrebbero chiedersi “Cosa posso imparare dai mie figli?” “Che cos’hanno loro da insegnarmi che io non so?” Spesso questo non accade, perché si creano una serie di dinamiche psicologiche di autodifesa.
Dalla consapevolezza del “So di non sapere” socratico, non nasce una ricerca, una voglia di mettersi in discussione, quanto piuttosto la necessità di difendersi per il senso di inadeguatezza e di vergogna che si provano. Al contrario ci vorrebbero Boomer più umili e coraggiosi, in grado di riconoscere il valore aggiunto degli Zoomer, delle loro abilità tecnologiche e del loro diverso approccio alla vita.
Per approfondire l’argomento, leggi questo articolo.
Stefano Saladino fa giustamente notare che la nostra crescita e formazione non possono sempre essere demandate ad altri, siano essi scuola, azienda o Stato. Le generazioni senior e junior devono imparare a fare auto apprendimento. La crescita personale deve essere un’auto ricerca, indipendente dal contesto in cui si opera. Poi ovviamente è bene che le istituzioni fondamentali della nostra società la supportino e facciano di tutto per garantirla. Tornando nello specifico ai Boomer e al loro approccio al digitale, un cinquantenne non può pensare di escludere questa dimensione dalla propria vita personale e soprattutto professionale. Questo a maggior. ragione se si tratta di imprenditori o insegnanti che hanno una responsabilità oggettiva nel cambiamento. L’ostacolo nella fase di adattamento alle trasformazioni della nostra realtà è la velocità con cui esse si verificano e che non sempre ci consente di sentirci all’altezza di tutto ciò che ci vien richiesto di fare.
“I capelli bianchi sono una soft skill”
Il passo verso l’altro deve essere però fatto anche dai giovani Zoomer che troppo spesso si rifugiano dietro la loro abilità di destreggiarsi con le nuove tecnologie per non arrivare a un vero e proprio confronto generazionale. Forse i Boomer farebbero bene ricordare loro che la tanto amata tecnologia dei media digitali da cui loro dipendono, è stata progettata da menti di Boomer come Steve Jobs. O ancora, che ai vertici delle aziende non ci sono i loro coetanei, ma dei Boomer che ogni giorno decidono anche per il futuro delle giovani generazioni.
Gli Zoomer farebbero quindi bene a sentirsi meno al centro del mondo è più una parte di esso che può imparare anche da quelli che considerano gli “Anziani digitali“.
Il dialogo generazionale dovrebbe anche essere un fattore di ricchezza dell’azienda. La creazione di un team dove senior e junior collaborano e si contaminano senza giudizi e pregiudizi, può essere un punto di forza per il business, che diventa più performante in una realtà dinamica e complessa.
Content creator, appassionata di libri di crescita personale, scrittura creativa e yoga. Il digitale è la mia nuova sfida. Amo filosofare di tutto ciò che mi circonda, possibilmente davanti al mare.