Martina Cogliati
Content Creator
Content creator, appassionata di libri di crescita personale, scrittura creativa e yoga. Il digitale è la mia nuova sfida. Amo filosofare di tutto ciò che mi circonda, possibilmente davanti al mare.
Martina Cogliati
I recenti eventi che hanno sconvolto il nostro Paese e i continui cambi di governo hanno riportato alla luce il tema delle generazioni. In una fase di progressivo cambiamento, il gap generazionale si fa sentire, eccome se si fa sentire. Ma a che punto siamo della questione? Lo abbiamo chiesto a Federico Capeci, CEO Italy, appassionato di generazioni e autore di 3 libri sulla tematica.
“Le generazioni non sono un affare d’età ma di valori”
Non basta essere padre e figlio per appartenere a due generazioni diverse. Il gap generazionale inizia in adolescenza. Un millennial non nasce a metà degli anni 80′, ma nasce negli anni 2000, cioè nel momento in cui intraprende un percorso di emancipazione dai modelli del passato per affermare la propria identità e abbracciare un nuovo sistema di valori.
“Ogni genitore crea il figlio con l’intento inconscio di suicidarsi”
Queste forti parole riassumono il concetto di passaggio generazionale. Ciascun figlio nasce prendendo elementi di continuità ed elementi di opposizione dalle generazioni precedenti. I genitori dei millennial sono i boomers, cresciuti negli Anni di Piombo, abituati alle regole e alla filosofia del fare. Il millennial da un genitore boomer prende il senso di comunità, il senso idealistico. E’ diverso invece nel suo essere più concettuale e spirituale. Queste differenze spesso però alimentano il gap generazionale. Modi diversi di vedere e abbracciare la realtà e i suoi cambiamenti diventano motivi di scontro e non di incontro.
E’ la generazione che ha tutte le potenzialità per creare la sinergia tra generazioni, per fare da ponte tra boomers e millennials e superare così il gap generazionale. Spesso però rimane una vera e propria incognita. La generazione X è quella dei padri che hanno attraversato l’evoluzione del digitale. La generazione degli scettici, dei disillusi, di quelli che sanno cosa non bisogna più ripetere, ma che spesso non hanno il mordente per progettare il futuro.
“Ho iniziato a parlare a mio figlio da quando uso Whatsapp”. Una frase davvero d’effetto, ma che sottolinea come il digitale possa essere uno strumento di sinergia e non di gap generazionale. Il digitale può diventare un terreno d’incontro e connessione, in cui le “vecchie” generazioni si avvicinano alle “nuove” e al loro modo di comunicare e di creare realtà.
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Quando parliamo di generazioni e gap generazionale non parliamo quindi di età, ma di mondi che hanno valori proprio e condivisi. Il punto non è il passaggio, ma la sinergia. Il rispetto delle diversità che sono da guardare più come una risorsa che come un motivo di scontro.
La parola chiave è quindi ascolto. Finché non credo che l’altro, diverso da me, abbia qualcosa da dirmi e insegnarmi, allora il gap diventerà sempre più grande e ci sarà distanziamento al posto della coesione.
Content creator, appassionata di libri di crescita personale, scrittura creativa e yoga. Il digitale è la mia nuova sfida. Amo filosofare di tutto ciò che mi circonda, possibilmente davanti al mare.