Anna Maria Bagnasco
Agente di viaggio e content creator
Anna Maria Bagnasco
Negli ultimi mesi nessuno di noi ha potuto fare a meno di leggere la parola metaverso e chiedersi di conseguenza cosa fosse e cosa significasse per il nostro futuro.
Anche se il concetto di metaverso non è per nulla nuovo, è balzato alle cronache per l’investimento promesso da Facebook su questo progetto, associato anche a un cambio nome strategico della società in Meta.
Oltre a Meta, tutte le grandi compagnie tech, e non solo, hanno dichiarato un reale interesse nel metaverso da realizzare concretamente nel prossimo futuro.
La tematica non è per niente scontata e il metaverso presenta sia infinite nuove possibilità che, allo stesso tempo, i costanti dilemmi sullo sviluppo etico del digitale.
Per cercare l’origine del termine mataverso dobbiamo tornare al 1992, alla cultura cyberpunk e al romanzo di fantascienza Snow Crash dell’autore Neal Stephenson.
Nel romanzo, le persone, per fuggire dal mondo reale in rovina, condividono una realtà virtuale tridimensionale, il metaverso appunto, a cui accedono con il proprio avatar per passeggiare liberamente tra negozi, bar, ristoranti e incontrare altre persone.
Nella ricerca attuale, il metaverso si pone come il prossimo stadio dell’evoluzione di internet attraverso il potenziamento della realtà virtuale e aumentata, nonché delle tecnologie che ne permettono l’accesso.
Si parla di uno spazio digitale tridimensionale e immersivo che replica la nostra realtà fisica e dove possiamo visitare luoghi lontani, incontrare amici, fare riunioni di lavoro e partecipare a eventi o spettacoli. Tutto stando seduti in casa, sul proprio divano.
Ma è troppo presto per sapere cosa sia e cosa possa diventare effettivamente il metaverso, perché al momento esistono molte visioni e teorie futuristiche, ma solo qualche esperienza concreta parziale
Oggi siamo ancora lontani dalla tecnologia necessaria per soddisfare quella che sarà la richiesta del metaverso e degli utenti che vi accederanno.
Grandi compagnie tech, però, hanno già dato forti segnali di coinvolgimento nel creare le premesse per lo sviluppo di questo nuovo spazio virtuale.
Epic Games, per esempio, ha ospitato nel 2020 su Fortnite, videogioco che connette milioni di utenti, un concerto del rapper Travis Scott a cui hanno potuto partecipare virtualmente con i loro avatar 12 milioni di persone contemporaneamente.
Un altro modello predecessore di metaverso lo propone Microsoft con Mesh, portale a cui si può accedere da qualsiasi dispositivo, che riproduce un mondo digitale con avatar personalizzati e spazi immersivi.
Le iniziative simili sono numerose e arrivano anche dall’Asia: in Cina i colossi Alibaba, Tencent e Baidu stanno incrementando le risorse per tentare un’unione sempre più stretta tra fisico e digitale; Seul, capitale del Sud Corea, ha annunciato di voler portare la pubblica amministrazione interamente nel metaverso.
La decisione della città metropolitana di Seul e del suo attuale sindaco Oh Se-hoon di spostare interamente i servizi pubblici su una piattaforma virtuale rientra in un progetto più ampio denominato Seul Vision 2030, diventando uno dei casi più rilevanti di metaverso trattandosi proprio di un’istituzione statale.
Nonostante le tempistiche siano molto strette, l’idea sarebbe quella di procedere tramite step intermedi alla creazione di uno spazio pubblico virtuale a cui gli avatar dei cittadini possono collegarsi per interagire con quelli gli impiegati pubblici, richiedere documenti, fare denunce, visitare i siti storici.
Si tratta, quindi, di una proiezione piuttosto dettagliata di quello che vuole diventare una delle città più all’avanguardia al mondo.
Se davvero le aziende private e le pubbliche amministrazioni stanno lavorando alla loro versione di “metaverso”, la prima domanda che ci dobbiamo porre è: “Chi penserà alla gestione di questo nuovo mondo virtuale?”
Sarà possibile avere un ecosistema virtuale unico basato sull’interoperabilità?
Oppure avremo tante realtà differenti con proprie leggi e modelli, ognuna divulgata da ogni singola azienda tech?
Purtroppo la questione non è di facile risoluzione, perché, come agli albori di internet, è ancora impossibile prevedere le implicazioni e i termini di utilizzo di un qualcosa che non esiste, ossia il metaverso.
Tuttavia, partendo dalle dinamiche attuali, possiamo anticipare una riflessione su cosa possa significare creare un mondo virtuale con avatar personalizzati che curano il loro modo di vestire, partecipano a eventi, visitano luoghi pubblici e privati, arredano una propria casa virtuale o un ufficio. Persone e imprese, quindi, potranno acquistare, vendere, investire, creare, possedere.
Tutto questo comporta la nascita di un’economia interamente digitale, parallela a quella reale e in qualche modo a questa connessa.
Un’economia che richiederà grandi responsabilità e oneri nell’istituzione di processi di cambio e di diritti di proprietà, univoci e condivisi.
E dove ci sono transazioni economiche è necessario anche l’uso di una moneta digitale. Le attuali criptovalute assumeranno, di fatto, un nuovo ruolo alla base di tutte le attività possibili nel metaverso. Ogni utente avrà un portafoglio con denaro spendibile per partecipare alla vita quotidiana virtuale del metaverso e comprare oggetti per il proprio avatar.
Ecco che allora si profila il bisogno di avere anche nel metaverso una protezione nel possesso di beni e capitale, protezione resa ipotizzabile grazie allo sviluppo delle attuali tecnologie di blockchain e dell’introduzione di veri e propri contratti digitali come i NFT (Non Fungible Token).
Saranno questi codici identificativi unici, vincolanti e garanti di autenticità, a distinguerci e a fare business nel metaverso, ma già oggi stanno cambiando la nostra economia reale. Basta pensare alla vendita dell’opera digitale “Everydays: The last 5000 days” battuta all’asta da Christie’s per 69,3 milioni di dollari e pagata con la criptovaluta Ether.
L’opera dell’artista Beeple esiste solo in formato digitale ed è comunque diventata una delle opere più costose di sempre vendute mentre il loro autore è ancora in vita. Un bel cambiamento dalle opere monumentali di Michelangelo, Raffaello, Leonardo.
L’arte non è il solo ambito di destinazione dei NFT, anche moltissimi brand di moda stanno sfruttando l’opportunità di potersi espandere e vendere i propri prodotti in un mondo virtuale.
Parallelamente al possesso di beni e al potere economico si forma l’identità. I nostri avatar saranno vere e proprie trasposizioni di noi stessi in una realtà dove l’intera società sarà traslata, con tutte le dinamiche dipendenti.
Il metaverso si proporrà, quindi, come un luogo pieno di opportunità e libero dai pregiudizi, dalle disuguaglianze e dai limiti fisici e spaziali?
Sarebbe bello poterlo immaginare così, ma le premesse stanno prendendo già una direzione ambigua con le aziende tech impegnate a conquistare almeno un pezzo di futuro, da un lato, e le persone attente a crearsi un’identità migliorata e potenziata.
Sarà possibile mostrare le proprie debolezze, le proprie insicurezze, le proprie origini in un metaverso virtuale così perfetto come vuole presentarsi?
Purtroppo non possiamo non considerare il ruolo che già hanno oggi i social media e il web quali amplificatori dei problemi presenti nella nostra società e quali mediatori di profitto.
Quello che sappiamo, desumendolo dai cambiamenti in atto, è che un tema fondamentale per lo sviluppo del metaverso sarà quello della moderazione di un ecosistema aperto, nonché la capacità di garantirne la sicurezza.
Sicurezza intesa come protezione nella connessione e nella libera circolazione all’interno dello spazio virtuale, come tutela dei dati personali e della privacy (da tempo oggetto di accesi dibattiti), come difesa degli utenti da contenuti dannosi o molesti.
Ma prospettando un metaverso continuo, simultaneo e sempre accessibile da tutti, il controllo su tutto ciò che verrà immesso in questo spazio digitale dovrà esser costante, ben organizzato e richiederà l’introduzione di normative nuove ma, soprattutto, condivise.
È difficile trarre delle conclusioni circa un concetto come quello del Metaverso che è agli albori della sua espansione, che fin da principio sollecita enormi sforzi in termini di pensiero, etica, programmazione, coordinamento, soldi e che promette essere la prossima grande rivoluzione al pari dell’energia elettrica e di Internet.
Ciò che possiamo fare è non pretendere di sapere fin da ora che il Metaverso sarà la futura versione di uno dei tanti film di fantascienza alla Matrix. E neanche limitarci a vivere nella realtà quotidiana aspettando ignari il giorno in cui il Metaverso sarà effettivo.
Il Metaverso non creerà un cambio repentino nelle nostre vite ma ci vorranno diversi passaggi tecnologici e di adattamento da parte degli utenti.
È sempre bene, quindi, tirare fuori lo spirito critico e continuare a porsi domande, anche se queste non hanno ancora tutte le risposte.
Il Metaverso servirà solo per distrarci e allontanarci dalla cruda quotidianità? Avrà il solo scopo di effetto placebo?
Segnerà il passo a una egemonia tecnologica? Oppure aiuterà a eliminare barriere sociali oltre che spaziali?
Cosa comporterà la guida da parte dell’industria tech privata, quella attualmente con i maggiori mezzi a disposizione e il maggior interesse nel procedere alla creazione del Metaverso?
A voi il piacere di scoprirlo nel prossimo futuro.