La responsabilità etica è comunitaria ma anche individuale, è la somma delle azioni fatte per il “bene”. Ma come si può declinare questo concetto complesso all’interno del mondo del lavoro?
La parola etica ha due accezioni etimologiche:
Secondo la prima deriverebbe dalla parola greca êthos (carattere, comportamento)
Per la seconda invece, sempre dal greco, ma dal termine èthos (consuetudine)
Due significati differenti, ma simili nel concetto. Infatti riteniamo che una persona o un’organizzazione sia etica se ha l’abitudine di perseguire azioni moralmente corrette, in breve se è abituata ad agire nel giusto.
Anche le molteplici discipline che approfondiscono il tema (dalla teologia all’economia, passando per la neuroetica e molte altre ancora) legano il concetto dell’etica a quello dell’azione.
Questo legame, tra etica e azione, si ritrova ancora più saldo se parliamo del mondo del lavoro.
Responsabilità sociale VS Social washing
L’etica, nel mondo del lavoro è – o meglio dovrebbe essere – il pilastro portante di una cultura lavorativa sana, improntata al benessere, al rispetto e alla responsabilità etica e sociale.
Un’azienda che sceglie di impegnarsi per il bene della comunità ha sicuramente anche dei fini strategici, che però non potrebbe mai raggiungere se questa non fosse anche una scelta etica.
Microsoft, Toms, Starbucks e molte altre realtà hanno raggiunto ottimi risultati tanto in termini di responsabilità etica che di crescita; ma perché mosse dalla scoperta di un problema sociale reale per il quale volevano provare a dare il proprio contributo.
Infatti ciò che rende etica la responsabilità sociale è la credenza di fare del bene perché questo possa moltiplicarsi. È la concezione del give back: dare senza un secondo fine, a chi non si conosce, alla comunità tutta perché a sua volta possa creare del valore aggiunto con ciò che gli viene donato.
L’etica non retrocede di importanza nemmeno all’interno alle aziende.
Un’azienda infatti è inclusiva, attenta al benessere ed alla valorizzazione delle proprie risorse quando è consolidata su radici etiche. Quando ha lavorato e costruito una cultura attenta ai bisogni ed al potenziale delle proprie persone.
Una cultura di questo tipo genererà a sua volta un circolo virtuoso, all’interno del quale i collaboratori soddisfatti genereranno valore aggiunto all’interno e all’esterno dell’azienda.
Ma se restringiamo ancora il campo d’osservazione – dal mercato del lavoro al lavoratore- l’etica diventa anche un fatto personale. Perché abbiamo necessità di agire in modo etico ed essere sinceri verso noi stessi, anche quando non è facile.
Abbiamo bisogno di affrontare in modo etico il nostro percorso professionale per poter prendere scelte lavorative giuste ma non semplici.
Aprirsi ad alcune esperienze formative o lavorative – come per esempio lasciare tutto per trasferirsi all’estero – richiede coraggio, non è banale e può essere la cosa giusta da fare per ampliare le proprie opportunità.
Una scelta “comoda” per alcuni è l’equilibrio perfetto, per altri può voler dire sopprimere il proprio potenziale. Quindi potrebbe essere la scelta scomoda che ancora non hai preso a mostrarti il tuo vero “io professionale”.