Francesca Romana Cordella
Comunicazione e marketing digitale
Francesca Romana Cordella
In base a quali fattori un paese è considerato innovativo? E per quali motivi lo è più o meno di un altro?
In questo articolo ricostruiamo a grandi linee lo stato dell’arte dell’innovazione africana, grazie all’aiuto di Ian Zaqueu, Executive Director At Pertence.
“L’innovazione non è solo legata alla tecnologia, ma comprende anche il modo in cui reagisci a un problema”
A suo avviso l’innovazione in Africa è condizionata da 5 fattori: la popolazione, la geografia, la burocrazia, il colonialismo e le infrastrutture.
Secondo Statista.com, l’Africa conta 54 stati e attualmente una popolazione totale di circa 1370 milioni, di cui in testa per numero di abitanti abbiamo Nigeria, Etiopia ed Egitto.
La relazione tra numero di abitanti e emigrazione è molto forte soprattutto per la Nigeria con i suoi numerosi “ambasciatori all’estero”, vale a dire persone che lasciano il continente per andare in Europa o negli Stati Uniti e che spesso riescono a portare il know-how acquisito fuori per poi investirlo nel proprio paese.
A influire sull’innovazione è anche la dimensione di uno stato.
In un paese più piccolo risulta più semplice portare cambiamento, rispetto a uno con una superficie più ampia o una densità maggiore di popolazione.
Inoltre le zone affacciate sulle coste beneficiano di un più facile ingresso di capitali. Sia la Nigeria che l’Egitto hanno per esempio uno sbocco sul mare.
Questo li rende più competitivi rispetto ad altre nazioni per una maggiore esposizione nei confronti dell’esterno.
La burocrazia rallenta i processi e rende difficoltoso fare impresa. Un esempio è il Mozambico, ex-colonia portoghese che per certi aspetti, anche negativi, ne ha assimilato le leggi.
Qui, l’assenza di firma elettronica e la necessità di passare da numerose istituzioni prima di ricevere un ok, rende il percorso di un imprenditore africano o aspirante tale molto lento.
Eppure fare impresa in Africa dovrebbe essere molto semplice. Il continente africano dimostra di avere risorse di tutti i tipi: naturali, idriche, forestali, minerarie, energetiche. Basta pensare ai diamanti presenti in Sudafrica e la Repubblica Democratica del Congo e al cobalto, proveniente dal Congo e presente anche nei nostri smartphone.
La storia del colonialismo in Africa è la chiave di lettura per comprendere perché alcuni paesi sono ad oggi più avanti di altri. Nigeria, Zimbabwe e Ghana sono ex-colonie britanniche. Non a caso il Ghana è stato per esempio tra i primi hub di innovazione africana del colosso Google.
In altre aree meno fortunate, nonostante la ricchezza naturale, manca il know-how necessario per rielaborare e portare avanti uno sviluppo economico innovativo e strutturato.
E questo i grandi colossi lo sanno.
La Cina ha colto questa debolezza diffusa nel continente africano come un trampolino per penetrare l’Africa, introducendo finanziamenti e sussidi per “favorire lo sviluppo”. Di fatto questi finanziamenti però innescano delle nuove dinamiche coloniali.
L’intelligenza artificiale può essere una meraviglia, ma bisogna allenare i sistemi con dati puliti, completi, etici, che comprendono la diversità.
Un altro problema dell’Africa resta legato alle sue infrastrutture deboli o assenti. Ci sono paesi con pochi collegamenti pubblici. In molte aree le persone sono quindi isolate o lontane dai servizi.
La connessione a internet c’è, ma non è equamente distribuita su tutta la superficie geografica, perché appunto non supportata da infrastrutture e tecnologie sufficienti.
I tre ostacoli all’innovazione africana che abbiamo analizzato sono alimentati dalla persistente corruzione politica che mantiene gran parte di questo continente in uno stato di povertà e arretratezza.
C’è tuttavia speranza. I giovani africani infatti hanno particolarmente a cuore il futuro del loro paese e son fortemente convinti che per iniziare a fare innovazione è sufficiente partire da ciò che l’Africa possiede e offre ai suoi abitanti.