Anna Maria Bagnasco
Agente di viaggio e content creator
Anna Maria Bagnasco
Quanto tempo passiamo immersi nei nostri dispositivi tecnologici? Quali e quante attività svolgiamo online? La riflessione, vi stupirà perché la nostra vita virtuale, soprattutto nell’ultimo anno e mezzo, ha subito una crescita esponenziale e talvolta inconsapevole.
Ma questo processo si è avviato molti anni fa, tanto che già nel 2011 veniva usato il termine onlife per determinare un territorio in cui non c’è più distinzione tra online e offline.
Insieme a Elvis Mazzoni, docente di Psicologia e Sviluppo dell’Educazione presso l’Università di Bologna, abbiamo cercato di capire come sia possibile un equilibrio tra reale e virtuale.
Come abbiamo detto il concetto di onlife, ibrido tra online e offline, coniato da Luciano Floridi, arriva da lontano, ma mai come adesso trova un uso esemplare per le nostre vite e ci viene in aiuto in un momento in cui stiamo ancora cercando di definire il nostro rapporto con il digitale e di stabilire un equilibrio nel suo utilizzo.
Non possiamo più parlare di una contrapposizione netta tra reale e virtuale, ma dobbiamo pensare a uno scambio fluido e continuo tra uomo e tecnologia ormai diventato irreversibile.
Non è facile orientarsi nella fusione tra reale e virtuale e non dovremmo nasconderci dietro allo schermo di un pc o un telefono fingendo una protezione che ci impedisce, invece, di valutare la giusta distanza dagli altri, dalle cose che scriviamo e che leggiamo. Una distanza soprattutto psicologica più che fisica.
Ad esempio, la poca consapevolezza che i social network siano di fatto un luogo pubblico e che mettano in vista l’utente non consente di adeguare i propri toni o di limitare le proprie reazioni. Spesso il comportamento adottato nelle dinamiche sociali reali non corrisponde a quello intrapreso online, che viene enfatizzato e addirittura esasperato.
In realtà, chat e commenti sui social network permettono di trovare tutta una serie di “escamotage”, attraverso risposte dilatate nel tempo, per interrompere o per riflettere su come continuare una determinata conversazione o relazione.
In questo modo si forma una percezione utopica e distorta di poter avere, tramite la tecnologia, un maggiore controllo sulle relazioni con il prossimo. Ma non dimentichiamoci che è proprio il confronto reale e immediato con gli altri e con situazioni scomode o imbarazzanti a favorire una crescita personale e sociale
Il digitale potrebbe, invece, avere il dannoso effetto di appiattire tutti i nostri rapporti.
Sorge spontaneo chiedersi dove sia, allora, il giusto equilibrio tra le parti e come si possa costruire una correlazione sana con il digitale.
Sarebbe utile, innanzitutto, lavorare su una dimensione attiva e positiva di responsabilità in modo che i comportamenti di valore possano essere capiti e reiterati il più possibile.
Inoltre potrebbe esser d’aiuto avviare strumenti educativi mirati per prevenire il comportamento problematico online, puntando sempre sullo sviluppo di consapevolezza e di definizione dei limiti.
L’iperconnessione dell’attuale momento storico e la fusione tra reale e digitale non devono essere per forza viste come la fine della dimensione umana, ma piuttosto come l’opportunità di stabilire una nuova dimensione in cui ancora una volta l’uomo possa giocare un ruolo centrale con le sue peculiarità e le sue risorse.
Per la riuscita di questo processo serviranno sicuramente grandi capacità di prospettiva e di interpretazione e tutte le energie andranno concentrate su educazione e formazione dei giovani che oggi chiamiamo nativi digitali.