Hai mai ragionato su come sviluppare il problem solving, allenare questa skill e preservarla da meccanismi di pensiero negativi?
Come si mantiene l’indole da problem solver gestendo lamentele e stress?
Approfondiamo insieme questa competenza fondamentale in ambito lavorativo e non solo.
E’ raro trovare un CV in cui questa skill è assente, è un mindset molto apprezzato dalle organizzazioni.
Chi non vorrebbe una risorsa abile nel risolvere i problemi, anche più inaspettati?
Infatti per problem solving si intende la capacità di trovare delle soluzioni creative che forniscano una risposta efficace a problematiche non previste o mai incontrate.
Ma quando inseriamo il problem solving tra le nostre competenze, siamo sicuri di padroneggiarlo?
Già perché esiste una specifica letteratura scientifica in merito a modelli, strumenti e tecniche studiate per allenare e consolidare questa capacità.
Per citare alcuni esempi, ecco tre tecniche di pensiero non lineare che possono aiutare a sviluppare il problem solving e progettare soluzioni efficaci e creative.
Alti livelli di stress danneggiano la creatività, pur essendo una risposta fisiologica ed adattiva (con lo scopo di mettere in evidenza eventi allarmanti). Lo stress elevato infatti può debilitare delle capacità cognitive fondamentali tra cui l’attenzione e la memoria.
Ma facciamo un passo indietro, cosa succede quando siamo “stressati”?
Gli eventi stressanti causano l’attivazione dell’ipotalamo (struttura celebrale posta al centro del nostro encefalo) il quale innesca una serie di meccanismi fisiologici che culminano nella produzione degli ormoni dello stress: cortisolo, adrenalina e noradrenalina.
Quindi è necessario fare una distinzione tra eustress e distress, il primo indica uno stato di attivazione (“arousal”) ottimale, che ci permette di essere produttivi e mantenere prestazioni di alto livello. Il distress invece è contraddistinto da livelli di attivazione eccessivi, che possono causare risposte psicosomatiche e burnout.
Non è facile rendersi conto di essere vittima di livelli di stress eccesivi, data la gradualità di questo processo. Però per salvaguardare la nostra capacità di pensiero laterale è molto importante imparare a conoscere la nostra fisiologia e disinnescare il sovraccarico di stress.
Come? Allontaniamoci dall’attività stressante, facciamo attività fisica o meditiamo. Approcciamoci ai problemi in maniera più “leggera”, impariamo a chiedere aiuto quando ci sentiamo sovraccaricati o in difficoltà.
Le soluzioni plausibili sono molte, ma la migliore è quella che noi stessi individuiamo per la specifica situazione.
Non in ultimo anche il lamento continuo, prodotto o ascoltato, essendo una dura forma di giudizio, agisce a discapito della creatività e del problem solving.
Per lamentela non si intende la focalizzazione del problema (fase propedeutica ed utilissima ad una strategia di problem solving vincente). Né tantomeno la richiesta di aiuto (come già detto utile per disinnescare situazioni stressanti).
Per lamento si vuole intendere lo sfogo non produttivo delle proprie frustrazioni.
Un collega che si lamenta continuamente può danneggiare anche il nostro mindset, come possiamo affrontarlo?
Ovviamente dipende dalla posizione aziendale che ricopriamo e che determinerà il tipo di relazione.
Come pari potremmo farlo sfogare e ascoltarlo, mettendo in chiaro che scaduto il tempo dedicatogli non vogliamo sentire più lamentele (“tecnica del pulpito“).
In questo senso un ruolo determinante è giocato dalla cultura aziendale.
Se funzionale, agisce da elemento di controllo nel propagarsi di meccanismi di pensiero negativo e controproducente.
Attenzione però, sarebbe poco sensato stigmatizzare tout court l’emozione sul luogo di lavoro, che è naturale vivere ed esternalizzare. L’attenzione va posta su come l’emozione viene gestita e tradotta in comportamenti. Infatti questi processi, se non monitorati, possono incidere negativamente sulle performance.